by Redazione
L’ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali) riporta che il Tribunale di Trento con la sentenza numero 856/2014 ha stabilito che: “costituiscono comportamenti idonei ad integrare il reato di abbandono di animali ex art. 727 c.p., non solo le sevizie, le torture o le crudeltà caratterizzate da dolo, ma anche quei comportamenti colposi di abbandono e incuria che offendono la sensibilità psico – fisica degli animali quali autonomi esseri viventi (…) Con la conseguenza che la carenza di cibo, la costrizione in ambienti ristretti e sporchi, senza possibilità di deambulare, possono costituire, nel loro insieme, comportamenti di vero maltrattamento”.
La sentenza si riferisce al proprietario di un pastore tedesco, che costringeva il cane a vivere sul balcone, in mezzo ai suoi escrementi e dovendo sopportare la pioggia e la neve. A causa del forte stress provocatogli da questa situazione, il cane si era anche ferito la zampa rompendo il vetro di una finestra nel tentativo di entrare in casa. Inoltre, l’animale veniva nutrito con del pane secco ogni due giorni e gli veniva dato da bere tramite un secchio che il più delle volte si rovesciava costringendolo quindi a dissetarsi con la sua urina.
Tali condotte, a parere del giudice, sono rappresentative di come un cane non deve essere tenuto e integrano il reato di abbandono poiché questo si verifica anche in caso di trascuratezza, disinteresse o mancanza di attenzione verso il proprio animale e non solo quando vi è una condotta di distacco volontario da esso.
Nello specifico, il comma 2 dell’art. 727 c.p. sanziona la condotta di “chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.
Per approfondire: www.enpa.it